Con quella di oggi inizia un sequel a puntate (come va tanto di moda nel cinema di oggi…), scritto dai protagonisti sui tentativi, le ricerche e le nuove scoperte da parte dell’USP (Unione Speleologica Pratese) in Carcaraia (Alpi Apuane) all’interno dell’abisso Gigi/Squisio e dei cugini del GSPGC (Gruppo Speleologico Paletnologico Gaetano Chierici di Reggio Emilia) in Arbadrix alla ricerca della giunzione Arba-Gigi tra i 2 sistemi.
Ma veniamo al preambolo per inquadrare il contesto storico e geografico in cui operano i nostri valorosi speleo:
La Carcaraia è un bianco fazzoletto di calcari racchiuso tra Pisanino e Tambura e tra Roccandagia e Cavallo. Nasconde dentro di sé Abissi come il “Paolo Roversi”, la grotta più profonda d’Italia con i suoi 1.350 mt di dislivello, circondato da un complesso carsico profondo ed esteso per circa 60km (dei quali circa 40 già uniti) a cui si accede da pochi ingressi.
Ben cinque di questi (A. Saragato, A. Mani Pulite, A. Perestrojka, A. Roversi, A. Chimera) oltrepassano i – 1000 mt di profondità, il che rappresenta un’altra caratteristica pressoché unica in Italia, a maggior ragione considerando la modesta estensione del bacino della Carcaraia.
Inizialmente visitata negli anni ’60 alla ricerca del bacino di assorbimento della sorgente del Frigido che si trova sul versante a mare della montagna, a tutt’oggi ha rivelato solo in parte i suoi segreti. Le numerose colorazioni effettuate con traccianti hanno recentemente svelato un’altra particolarità di questa valle: non solo le acque vengono convogliate verso la sorgente del Frigido, ma anche, ed anzi per la maggior parte rivedono la luce dalle bellissime sorgenti di Equi Terme, oltre il Pisanino/Pizzo d’Uccello a più di 5 km di distanza in linea d’aria! E chissà quante sono ancora le molte verità da portare alla luce!
La storia del Gigi/Squisio
L’USP nasce nel 1983 dall’unione dello Speleo Club Prato e del Gruppo Speleologico Pratese (vai alla storia dell’USP).
Dopo la gavetta nelle grotte sui monti della Calvana, i nostri intrepidi iniziarono a scalpitare per allargare i propri orizzonti. Agli inizi degli anni ’90 affascinati dalle letture del bollettino del GSF (Gruppo Speleologico Fiorentino), decisero di partire alla volta della Carcaraia. La prima volta si risolse in un nulla di fatto senza riuscire a trovare nemmeno un ingresso e con la sensazione di aver mirato troppo in alto diressero la loro attenzione ad altri terreni di caccia… ma ormai la Carcaraia era entrata nelle loro teste e nei loro cuori. Molti anni più tardi in una delle successive uscite in quella mitica valle, Gigi, il babbo di uno di loro, individuò un infimo buchetto soffiante: lo allargarono velocemente e di lì a poco iniziò la storia di quella grotta che da allora riempie le loro teste con fogli di rilievo, cartine e serate chini su fogli e computer a cercar di dipanare quell’intricata matassa di vuoti che a oggi supera gli 11 km di sviluppo!
L’abisso fu chiamato Gigi-Squisio! (ai tempi in cui i ragazzini giocavano ancora per strada, il termine squisio veniva utilizzato dai bambini per interrompere un gioco già avviato ed entrare a farne parte da protagonisti, così come i nostri eroi hanno fatto entrando nel gioco della ricerca degli abissi fino ad allora riservato ad altri gruppi speleo!)
In poche uscite, nell’agosto del 2003, arrivarono al primo collegamento 400 m più in basso con l’Abisso Piero Saragato (che a sua volta risultò unito alla Buca dell’Aria Ghiaccia), dopodiché è stata la volta, nel 2018, della sospirata e da sempre immaginata giunzione con l’Abisso Mani Pulite.
Arriviamo quindi alla storia recente: è la volta adesso di ricercare la giunzione con il vicino abisso Arbadrix, visto che parte dei cunicoli si muovono nella direzione giusta… questa è la storia che andremo a raccontarvi!
E concludiamo con una citazione del grande Leonardo da Vinci, per far capire che i nostri non sono pazzi (forse qualcuno di loro sì…), ma semplicemente curiosi, in cui la voglia di scoprire l’ignoto che gli abissi nascondono prevale sulla paura:
“Pervenni all’entrata di una grande caverna, dinanzi alla quale restando alquanto stupefatto e ignorante di tal cosa, piegatomi ad arco e ferma la stanca mano sopra il ginocchio, colla destra feci tenebra alle abbassate e chiuse ciglia”.
“Per vedere dentro vi discernessi alcuna cosa, questo vietatomi per la grande oscurità che là dentro era, e stato alquanto, subito si destarono in me due cose; paura e desiderio. Paura per la minacciosa e buia spelonca, desiderio per vedere se là dentro fussi alcuna misteriosa cosa”.