di Anna Coppini

Salve a tutti! Mi chiamo Anna, ho 11 anni e muoio dalla voglia di raccontarvi del fantastico anno che ho trascorso in compagnia degli amici dell’A.G. e dei suoi eccezionali accompagnatori.

Per me è stata un’esperienza un po’ nuova perché, pur essendo socia CAI dal giorno della nascita e andando in montagna con i miei genitori, non ero mai stata in gita con amici della mia età, o di qualche anno di differenza. Purtroppo non siamo stati molto fortunati col tempo e alcune gite sono saltate. Ma non è mancata la possibilità di stare insieme; infatti quei momenti li abbiamo passati in Sede a svolgere divertenti attività e giochi.

Le gite sono state tutte entusiasmanti a partire dalle esperienze d’arrampicata in palestra di roccia a Monsummano per arrivare all’orientamento in Galceti. Ci sono state anche gite un po’ “bagnate” come quella sulla Retaia e gite “importanti” come quella Intersezionale al Parco dell’ Orecchiella di due giorni in tenda.

Una gita in particolare è stata davvero indimenticabile: la salita alla Pania. La mattina dell’escursione siamo partiti con le auto da piazzale Nenni e, dopo aver percorso l’autostrada FI-mare, la nostra auto, che era la prima della fila, è riuscita a sbagliare strada e ad arrivare per ultima al parcheggio di Fociomboli. Da lì zaino (pesante) in spalla, siamo partiti per il rifugio Del Freo a Foce di Mosceta. Gli accompagnatori hanno deciso di allungare un po’ il percorso e quindi di passare dalla Tana dell’Omo Selvatico.
Ormai mancava poco al rifugio, ma prima di arrivare alla Tana, il sentiero era molto ripido e a qualcuno (non faccio nomi) penzolava la lingua al pari delle ginocchia, per non dire che l’avevano in terra, come se si volesse sperimentare un altro modo di spazzare.
Ripartiti dalla Tana dell’Omo Selvatico, io e Chiara siamo rimaste un po’ indietro e con la copertura di Simona e la scusa di togliersi una maglia, abbiamo preso un bel sasso di circa un chilo (forse di più) e lo abbiamo portato fino al rifugio senza che nessuno se ne accorgesse.
Arrivati al rifugio e sistemati gli zaini nella camerata siamo scesi tutti, compresi gli accompagnatori (meno male…), fuori a giocare. Dopo circa un quarto d’ora io e la mia amica Chiara siamo salite nella camerata fingendo di dover andare in bagno, e in quell’ occasione abbiamo svuotato lo zaino del nostro accompagnatore Giovanni, depositando sul fondo il sasso che avevamo preso durante il percorso. Naturalmente ci siamo preoccupate di rimettere tutte le cose al proprio posto affinché Giovanni non si accorgesse di niente e, con aria innocente, siamo tornate giù.
Il giorno dopo di buon mattino ci siamo alzati e dopo un’abbondante colazione tutti insieme, siamo partiti per conquistare la cima della Pania. In vetta abbiamo fatto varie foto (panorama mozzafiato) e in poco tempo siamo scesi di nuovo al rifugio per il pranzo. Una volta rientrati a Prato, stanchi ma felici, ci siamo salutati e… del sasso ancora Giovanni non si era accorto. Alla gita successiva, il nostro caro accompagnatore mi ha parlato di un “regalino” che aveva trovato… Ed ecco che mi vedo mettere tra le mani un sasso di un chilo. A quel punto mi sono ricordata di tutto! E dopo una grande risata tutti insieme, ho letto quello che c’era scritto sul sasso:
“Chi la fa l’aspetti! Ai ragazzi dell’A.G. Con affetto, Giovanni”

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